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Adorazione del giovedì santo 01/04/2021
Adorazione del giovedì santo 1/4/2021
La comunità di San+Bonifacio+%28Copy+2%29 ha vissuto questo momento importante in gioia e raccoglimento. E quest’anno, settimo centenario della morte di Dante Alighieri, abbiamo voluto coniugare il canto e la preghiera col ricordo del sommo poeta. E per farlo, ci siamo lasciati guidare dalla Lettera apostolica scritta da papa Francesco.
Tre le parti in cui abbiamo strutturato la serata: le nostre riflessioni sull’opera di Dante e sulla sua attualità; lettura di alcuni passi significativi dalla Commedia, alternati al canto e alla musica; lettura di alcuni passi dalla citata Lettera apostolica.
Riflessioni
Il 25 marzo scorso, nel giorno in cui la Chiesa ricorda l’Annunciazione a Maria, papa Francesco scrive, per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, una Lettera apostolica con la quale, unendo la sua voce a quella di altri pontefici che in passato avevano celebrato l’opera di Dante, e dopo essersi congratulato con gli insegnanti per la loro capacità di comunicare con passione il messaggio di Dante, auspica però che l’immenso patrimonio dantesco, civile, morale, religioso, non rimanga confinato nelle aule scolastiche e universitarie, ma abbia massima diffusione anche in altri contesti.
Pertanto papa Francesco esorta, cito testualmente, “le comunità cristiane, soprattutto quelle presenti nelle città che conservano le memorie dantesche, le istituzioni accademiche, le associazioni e i movimenti culturali, a promuovere iniziative volte alla conoscenza e alla diffusione del messaggio dantesco nella sua pienezza” e, rivolgendosi poi agli artisti, li incoraggia a proseguire il cammino sulla via della bellezza intrapreso da Dante, dando voce con i più diversi linguaggi al messaggio universale del sommo poeta.
D’altronde il 25 marzo è anche, secondo alcuni studiosi, il giorno in cui Dante avrebbe iniziato il viaggio che egli immagina di compiere nei tre regni dell’Oltretomba: non era un momento qualsiasi e neanche un anno qualsiasi: era il 1300, l’anno del primo giubileo della storia, l’anno in cui Dante raggiunge la massima carica politica all’interno della sua città, il comune di Firenze; ed era primavera, il momento in cui rifiorisce la natura; ed era la settimana pasquale. Già, perché il viaggio immaginario di Dante, sebbene ci possa sembrare durato chissà quanto, tratti in inganno dai tre volumi della Divina Commedia, di scolastica memoria, in realtà ha la durata solo di una settimana, ma quella più importante per i cristiani, quella della Passione e Resurrezione di Gesù.
Ma che significato ha questo viaggio? Cosa può dire ancora oggi a noi l’opera di Dante? Perché a così tanti secoli di distanza ancora oggi a scuola si studia la Divina Commedia?
Partiamo dal contesto in cui Dante è inserito: il Medioevo, un’epoca che aveva visto il crollo dell’impero romano d’occidente, crollo politico innanzitutto, ma per conseguenza crisi di valori, crisi di certezze, senso di precarietà, di fragilità, di provvisorietà. Città devastate, regresso economico, povertà, la fine di un mondo provocata da quei “barbari” che i romani consideravano “altro”, “fuori dalla civiltà”.
E’ in questo contesto che la Chiesa tenta di sopperire al vuoto creatosi, portando conforto ed evangelizzazione, cultura e valori. Ed è per questo che il Medioevo è un momento storico intessuto di cristianità, pur non esente, in certi casi, da distorsioni ed errori che Dante, nella sua opera, non nasconde ma al contrario tratta con estrema passione verbale.
Dante ancora oggi è un esempio di moralità, di amore struggente per la propria patria, di fede incrollabile nei valori più alti; ed è anche colui che ha voluto trasmettere questo messaggio di civiltà e di rigenerazione morale: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, non “di mia vita”: il suo viaggio non è a titolo individuale, ma rappresenta l’umanità in cammino, l’umanità alla ricerca del suo fine ultimo, l’umanità che dalla selva intricata del peccato si dirige verso il colle luminoso della salvezza, della redenzione dell’anima. E’ un viaggio verticale dalle brutture, dal dolore, dalla dannazione dell’inferno al fulgore del Paradiso e dei misteri più profondi, come quello della Trinità e dell’Incarnazione.
E questo Dante in cammino non è un supereroe dotato di super poteri, è un uomo con tutte le sue fragilità. Intanto egli immagina di compiere il suo viaggio da vivo, in carne e ossa, un uomo che piange, si commuove, sviene, soffre del dolore, partecipando emotivamente alla sofferenza dei dannati, all’attesa delle anime purganti, alla gioia ineffabile dei beati.
Papa Francesco definisce Dante “profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo”. La sua missione è universale, il suo messaggio è universale: da una parte le sue vicende personali, e soprattutto il suo esilio forzato dalla sua città, con la nostalgia struggente che ne derivò, non lo portarono mai a scendere a compromessi che ledessero la sua dignità di persona; dall’altra l’altissimo valore dato alla poesia lo portarono, in un’epoca in cui la lingua della cultura era il latino, a scegliere di scrivere la sua opera maggiore in volgare, perché egli voleva parlare a tutti, e non a pochi, e per questo è considerato padre della letteratura e della lingua italiana.
Ecco cosa può dire a noi ancora oggi Dante, ecco l’attualità del suo pensiero, così adeguato a questo drammatico momento storico che stiamo vivendo ormai da più di un anno: l’importanza del senso civico, del senso di responsabilità verso noi stessi e verso il contesto cui apparteniamo, la coerenza con i propri principi, il non venire meno alla propria dignità di esseri umani, ma anche l’umiltà in un cammino dove ragione e fede devono coordinarsi, perché la sola ragione non può condurci al termine del viaggio, e i misteri più profondi necessitano di un atto di fede profonda, che sia guida inseparabile nel viaggio quotidiano della vita.
Lettura e canto
Il coro canta “Cristo re”
Canto XXXIII Paradiso:
Dante, nell’Empireo, sede di Dio e della candida rosa dei beati, si approssima ai misteri più alti e prega che anche solo una piccola parte dell’ineffabile esperienza possa restare nella sua mente e che la sua lingua riesca a comunicare anche solo un barlume ai posteri di ciò che ha visto.
O somma luce che tanto ti levi
da’ concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,
e fa la lingua mia tanto possente,
ch’una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;…
Oh abbondante grazia ond’ io presunsi
ficcar lo viso per la luce etterna,
tanto che la veduta vi consunsi!
Il coro canta “Misericordia sei”
Canto III Purgatorio
Dante si trova nell’Antipurgatorio ed incontra le anime degli scomunicati: ribelli e disubbidienti in vita, adesso espiano, procedendo lentamente e mansueti come pecore. Incontro con Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, che dichiara di essere stato grande peccatore, ma il pentimento gli fa attendere l’abbraccio misericordioso del Padre.
Poscia ch’io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona.
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei.
Il coro canta “Dio è amore”
Canto XXXIII Paradiso
Dante, nell’Empireo, sede di Dio e della candida rosa dei beati, penetra i misteri profondi della fede: l’Unità dell’essenza divina, al cui interno trova compattezza tutto ciò che nell’universo è sparso; la Trinità: Dante vede nella profonda essenza divina tre cerchi di tre colori e di una sola dimensione; l’Incarnazione: il volto umano di Gesù nel secondo dei tre cerchi. Il viso del poeta rimane fisso in questo volto.
Unità
Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna.
Trinità
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza.
Incarnazione: nel secondo dei tre cerchi divini Dante vede un volto umano
Quella circulazion…
dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.
Il coro canta “Abbà, Padre”
Canto XI Purgatorio
Superata la porta del Purgatorio, Dante si trova nella I cornice, dove incontra i superbi, che procedono pregando il Padre nostro, e dichiarando la propria fragilità: nonostante gli sforzi, essi non potranno, senza l’aiuto di Dio, raggiungere la pace del Suo regno; senza il cibo spirituale, nell’aspro deserto della loro condizione, rischia di andare indietro chi pur si affanna ad andare avanti.
Vegna ver’ noi la pace del tuo regno,
ché noi ad essa non potem da noi,
s’ella non vien, con tutto nostro ingegno…
Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s’affanna.
Il coro canta “Io credo in te”
Canto XI Paradiso
Dante si trova nel quarto cielo, quello del Sole, ed incontra gli spiriti sapienti. Lode del binomio S. Francesco-Povertà: la loro concordia, i loro volti gioiosi, l’amore ed il reciproco stupore hanno prodotto pensieri santi. Francesco, per seguire la donna Povertà, è entrato in conflitto con il padre. Attraverso il personaggio di San Francesco, Dante vuole condannare la logica mercantile del danaro, tipica del modello borghese del tempo.
La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi.
Qualche verso prima:
chè, per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse….
Il coro esegue un sottofondo
Canto XXXIII Paradiso
Il sì di Maria è centrale nel progetto divino. Lei, figlia e madre al tempo stesso, è meta prefissata del decreto divino. La sua umiltà e profondità ha reso nobile a tal punto la natura umana che il Creatore non ha disdegnato di diventare creatura, incarnandosi nel suo grembo. Quest’ultimo è il luogo in cui si è riacceso infatti l’amore tra Dio e l’umanità, dopo il peccato originale, ed il suo calore ha fatto fiorire la rosa dei beati. Fiaccola di carità per i beati, speranza senza fine per i mortali, Ella è intermediaria tra Dio e l’umanità: chi desidera una grazia, non può che rivolgersi a lei. Non farlo equivale a “volare senza ali”. Misericordiosa e benigna, Ella a volte opera ancor prima di essere pregata. In lei si raduna tutto ciò che di buono c’è in una creatura.
Passo di altissima teologia e sapienza poetica: Dante è nell’Empireo e, affinchè egli possa godere della visione dei misteri più alti senza restarne sconvolto, san Bernardo prega la Vergine con queste parole:
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Il coro canta “Questo io credo”
Canto XXIV Paradiso
Dante è nell’ottavo cielo (il cielo delle stelle fisse): il suo credo è basato su quanto trasmesso dall’Antico Testamento e sul Vangelo: esso è “fiamma viva portatrice di fede”
Io credo in uno dio
Solo ed etterno, che tutto ‘l ciel move…
Per Mosè, per profeti e per salmi,
per l’Evangelio…
Quest’è il principio, quest’è la favilla
Che si dilata in fiamma poi vivace,
e come stella in cielo in me scintilla..
e credo in tre persone etterne, e queste
credo una essenza sì una e sì trina….
Il coro esegue un sottofondo
Canto XIV Paradiso
Dante si trova nel quarto cielo, quello del Sole, ed incontra gli spiriti sapienti. Tra essi, Salomone, antico re d’Israele, fa riferimento al momento in cui le loro anime si riuniranno ai loro corpi, dopo il Giudizio, e ciò renderà completa la loro persona. Le anime rispondono “Amen” con prontezza, manifestando il desiderio di riprendere i loro corpi, e non solo per se stesse, ma per tutti coloro che hanno amato, prima di diventare luci eterne. Il passo prefigura la gioia della Resurrezione.
(Salomone parla)
Come la carne glorïosa e santa
fia rivestita, la nostra persona
più grata fia per esser tutta quanta.
Tanto mi parver sùbiti e accorti
e l’uno e l’altro coro a dicer «Amme!»,
che ben mostrar disio d’i corpi morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
per li padri e per li altri che fuor cari
anzi che fosser sempiterne fiamme.
Lettura del passo dalla Lettera apostolica di Papa Francesco sul dono della libertà di scelta.
Di Angela De Salvo